Il sindacalismo democratico, di matrice costituzionale, prendeva le distanze tanto dalla cultura dei soviet russi, quanto da quella dell’hamburger americano, entrambe considerate illiberali ed edoniste.
Si riteneva, credo a ragione, che solo fuori da quel bipolarismo radicale ci sarebbe stato uno spazio, non ideologizzato, capace di comparare le diverse opinioni per giungere ad un’onesta narrazione.
Oggi non ci sono più fatti da indagare ma solo opinioni, peraltro distillate da banditori mediatici di aste governative, notabili scadenti e pagati per mentire; propalatori di farneticazioni paradossali capaci solo di accompagnare il pecorame impaurito nella terra degli utili idioti.
Le guerre, tutti dovrebbero saperlo, celano solo interessi economici e logiche di spartizione di potere; di fatto, riguardano sempre gruppi ristretti di oligarchi insensibili all’empatia e al bene comune.
Per loro e solo per loro, muoiono i civili e i soldati, strumenti pulsionali da usare per aizzare le diverse tifoserie, per fare statistiche e per negoziare il tornaconto finale. Russi e Ucraini si uccidono, per ignoranza dei fatti e inconsapevolezza dei fini, da più di sette anni.
Sapere non è solo potere, la conoscenza svela l’inganno e mette a nudo la realtà.
Sappiamo per certo che in terra Ucraina, nelle regioni del Donbass, la guerra, gli omicidi, gli stupri e i saccheggi sono iniziati da più di sette anni e sappiamo anche che nessuno, nonostante il grido di dolore e le richieste di aiuto di quel popolo si è mai interessato della loro sofferenza.
Nel Donbass non c’erano particolari interessi da mediare e quei morti non avevano e non hanno alcuna forza negoziale.
Condannare la guerra è come maledire la montagna perché alcuni scalatori sono morti sfidando la vetta.
Meglio interrogarsi su chi, quella guerra, l’ha resa inevitabile e quali ragioni la giustificano. Le semplificazioni sono ingenerose ma offrono spunti di riflessione. Stando alle dichiarazioni delle principali intelligence occidentali (confermate anche dal Pentagono) stiamo rischiando una guerra mondiale e forse anche la fine della vita, come finora l’abbiamo conosciuta, per consentire alla NATO di espandersi ad est.
Questo in estrema sintesi.
Il costo del cessate il fuoco.
L’orso russo chiede al governo ucraino di rinunciare al Trattato Atlantico del Nord, una rassicurazione che la stessa Nato aveva garantito alla Federazione anni addietro e non solo per L’Ucraina ma per tutti i paesi dell’ex patto di Varsavia (promessa non mantenuta).
Il governo russo chiede anche il riconoscimento della Crimea come territorio nazionale (ricordiamo che nella penisola c’è stato anche un favorevole referendum popolare) e l’indipendenza delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, territori dove, ben individuati gruppi di ucraini di estrema destra, filonazisti, hanno compiuto e continuano a compiere, nell’indifferenza generale, ogni tipo di efferatezza sulla popolazione di origine russa.
Queste le richieste per un cessate il fuoco, istanze che gli esperti di geopolitica, ritengono comprensibili ed accettabili, sia per evidenti ragioni di difesa militare, sia per onorare gli impegni assunti con Mosca.
Chiediamoci ora se l’Unione Europea, dopo aver costretto il suo popolo ad una vita da sorci per due anni, con un’economia a pezzi, una finanza allo sbando e una credibilità ai minimi storici, doveva compattarsi proprio nella logica, meno intelligibile, delle sanzioni auto castranti contro la Russia.
Oltre a rischiare come paesi belligeranti, dopo aver riempito le tasche di Big Pharma ci prepariamo anche ad ingrassare quelle delle industrie delle armi americane (nel 2019 166 miliardi di ricavi).
Cui prodest? Trovate la risposta e capirete perché c’è la guerra, una tragedia che i burattinai osservano senza vera pietas, seduti comodamente sul divano di casa o su una chaise longue d’ufficio.
L’Italia è in guerra
Per gli amanti delle statistiche, in Italia solo il 20% (penultimo paese al mondo prima della Germania) della popolazione è disposto a combattere per il proprio paese, figurarsi per gli altri.
I russi e i turchi sono al primo posto (ben il 70% è pronto al sacrificio). Tenete anche presente che i dati risalgono a prima dell’insediamento governativo dei Gigino di Maio, Roberto Speranza, Renato Brunetta, Mario Draghi e della restante, inguadabile pattuglia dei nostri saltimbanco della politica.
C’è da stupirsi della scarsa attitudine bellica degli italiani? Direi di no!. Leggiamo insieme cosa dice l’art.11 della nostra costituzione:
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Si, c’è scritto proprio che l’Italia dei padri costituenti ripudia la guerra, ripudia non rinuncia alla guerra.
Il termine è preciso, se rinuncio a qualcosa ne mantengo la facoltà. Il ripudio, invece, è uno strappo netto.
Insomma, la guerra, per chi non ha studiato al bar del Giambellino, non è neppure un’estrema ratio per la nostra vilipesa Costituzione (toc, toc. dove sonnecchia l’appuntatore di medagliette di latta, occasionalmente anche presidente della nostra repubblica?) . Tralasciando gli armatevi e partite degni dei bifolchi che ci governano sempre nobili e signori con il bofice degli altri, la sacra carta è piuttosto chiara. Ricordatevi, inoltre, che i primi 12 articoli della costituzione sono inviolabili, rappresentando l’essenza stessa del testo costituzionale e i valori sui quali si raccoglie tutto l’ordinamento democratico repubblicano.
E allora? Allora il “governo dei migliori”, con un “lubrificante” decreto legge, decide subitaneamente di inviare “armi letali” (non si sa quali e neppure dove) all’esercito ucraino ed allerta perfino i suoi militari (già immaginiamo il generale Francesco Paolo Figliuolo abbandonare la siringa e munirsi di schioppo).
Il decreto in questione si apre con i tradizionali “Visto”……. Visto gli articoli 77 e 87 (i laureati di Paperopoli si dimenticano, però, del riferimento più importante, l’art. 11) Perché questa negligenza?
Chissà, forse perché si doveva riunire prima il Parlamento che magari dopo una discussione, con l’aiuto di qualche raro cervello funzionante, avrebbe dovuto dare indirizzi al Governo che poi avrebbe dovuto determinarsi in funzione e in coerenza con gli stessi?
Ma noi, come paese, esistiamo ancora? Ai posteri l’ardua sentenza