Mentre nelle terapie intensive i pazienti intubati morivano a migliaia, chi veniva soccorso e curato a casa con farmaci economici e di facile reperibilità aveva salva la vita.
Oggi, tutto questo è emerso con dolorosa chiarezza.
Qualche giudice è uscito dal letargo, qualche giornalista si è sentito meno sporco e molti medici hanno riscoperto le ragioni della loro missione.
Due anni fa un infame, NON DIMENTICATELO MAI, ministro della salute, si è battuto per togliere dal commercio i farmaci salva-vita, ha imposto agli ordini dei medici di sospendere i sanitari che prestavano il soccorso domiciliare e ha impedito che si facessero le autopsie. Il protocollo criminale del ministro Speranza ha provocato migliaia di morti; oggi conosciamo anche le ragioni del sacrificio: ottenere l’autorizzazione provvisoria (regolamento comunitario 507 del 2006) all’uso di un siero sperimentale.

Tra le condizioni per mettere in commercio un vaccino non testato clinicamente si doveva infatti dichiarare/attestare l’inesistenza di terapie mediche tradizionali che avrebbero portato a guarigione o a una risposta positiva al Covid.
L’ardire antiscientifico si spinse ad impedire perfino le autopsie con giustificazioni che solo un popolo di rincoglioniti poteva accettare, la stessa mandria che qualche mese più tardi, applaudirà Mario Draghi quando, più biasimevole del conte di Cagliostro, dichiarerà falsamente “Non ti vaccini, ti ammali muori. Non ti vaccini ti ammali, fai morire”;
affermazioni da pagliaccio stordito del circo Togni, ma, attenzione, pagliaccio con responsabilità di primo ministro e finanche considerato, il salvatore del Paese.
La storia d’Italia, è triste ricordarlo, è un racconto di codardi premiati e di eroi dimenticati.
Del resto quando un Presidente della Repubblica consegna «diplomi di grande coraggio» ai bambini che si sono sottoposti alla vaccinazione non fa che promuovere la castrazione morale e la rassegnazione biologica della nazione.
Se non lotti per ciò che desideri non piangere per ciò che perdi.
Questo era il messaggio dei nostri maestri, uomini veri, non icone sbiadite di un’Italia di vigliacchi e di ipocriti.
Per non dimenticare. Dall’album dei ricordi infami. I voltagabbana premiati
Ecco due esempi di salto in lungo sul carro del vincitore.
Tradire i compagni di viaggio ed essere premiati perfino dai nemici.
Ora come allora, portare ai vertici dello stato dei venduti non turbò la coscienza di un popolo senza onore.
Il primo super personaggio è Gaetano Azzariti, giurista e politico italiano, presidente (entusiasta ed attivo) della Commissione sulla razza durante il regime fascista e primo presidente (incredibile vero?) della Corte Costituzionale dal 1957 al 1961.
Il secondo è Ernesto Eula, fulgido esempio di lacchè del regime fascista come l’emerito Azzariti Eula; costui si spinse a sostenere che le circolari del Duce avevano il valore della legge. Nonostante questa affermazione da “Pierino del diritto”, divenne Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione dal 16 ottobre 1954 al 26 giugno 1959, data del suo collocamento a riposo.
Diceva Tucidide: “Bisogna conoscere il passato per capire il presente e orientare il futuro”. Una lezione dalla peste dei secoli bui. Analogie con il presente. Un invito ad usare il cervello (Prima riflessione)
Tratto da: François Bonivard , Cronache di Ginevra, secondo volume, pagine 395 – 402”. François Bonivard (o Bonnivard; 1493–1570) era un nobile, ecclesiastico, storico e patriota ginevrino al tempo della Repubblica di Ginevra . La sua vita è stata l’ispirazione per il poema di Lord Byron del 1816 Il prigioniero di Chillon .
“Quando la peste bubbonica colpì Ginevra nel 1530, tutto era già pronto. Hanno persino aperto un intero ospedale per gli appestati. Con medici, paramedici e infermieri. I commercianti contribuivano, il magistrato dava sovvenzioni ogni mese. I pazienti davano sempre soldi, e se uno di loro moriva da solo, tutti i beni andavano all’ospedale. Ma poi è successo un disastro: la peste andava spegnendosi, mentre le sovvenzioni dipendevano dal numero di pazienti. Non esisteva questione di giusto e sbagliato per il personale dell’ospedale di Ginevra nel 1530. Se la peste produce soldi, allora la peste è buona. E poi i medici si sono organizzati. All’inizio si limitavano ad avvelenare i pazienti per alzare le statistiche sulla mortalità, ma si sono presto resi conto che le statistiche non dovevano essere solo sulla mortalità, ma sulla mortalità da peste. Così cominciarono a tagliare i foruncoli dai corpi dei morti, asciugarli, macinarli in un mortaio e darli agli altri pazienti come medicina. Poi hanno iniziato a spargere la polvere sugli indumenti, fazzoletti e giarrettiere. Ma in qualche modo la peste continuava a diminuire. A quanto pare, i bubboni essiccati non funzionavano bene. I medici andarono in città e di notte spargevano la polvere bubbonica sulle maniglie delle porte, selezionando quelle case dove potevano poi trarre profitto. Come scrisse un testimone oculare di questi eventi, “questo rimase nascosto per qualche tempo, ma il diavolo è più preoccupato di aumentare il numero dei peccati che di nasconderli.” In breve, uno dei medici divenne così impudente e pigro che decise di non vagare per la città di notte, ma semplicemente gettò un fascio di polvere nella folla durante il giorno. Il fetore saliva al cielo e una delle ragazze, che per un caso fortunato era uscita da poco da quell’ospedale, scoprì cosa fosse quell’odore. Il medico è stato legato e messo nelle buone mani degli “artigiani” competenti. Hanno cercato di ottenere più informazioni possibili da lui. Comunque, l’esecuzione è durata diversi giorni. Gli ingegnosi ippocrati venivano legati a dei pali su dei carri e portati in giro per la città. Ad ogni incrocio i carnefici usavano pinze arroventate per strappare loro pezzi di carne. Venivano poi portati sulla pubblica piazza, decapitati e squartati e i pezzi venivano portati in tutti i quartieri di Ginevra. L’unica eccezione fu il figlio del direttore dell’ospedale, che non prese parte al processo ma spifferò che sapeva come fare le pozioni e come preparare la polvere senza paura di contaminazione. È stato semplicemente decapitato “per impedire la diffusione del male”.
“La passione di Sebastopoli” (parte 3, capitolo 7 “I tesorieri”.) Seconda riflessione!
Estratto dal libro di S.N. Sergeyev-Tsensky (1875 – 1958)
“… Non c’era peste a Sebastopoli nel 1828, ma c’era una quarantena. Come misura preventiva. Nel 1829 non c’era ancora la peste, ma la quarantena fu rafforzata. Chiunque volesse lasciare o entrare nella città doveva stare in completo isolamento per 14-19 giorni.
La gente ha smesso di viaggiare.
C’erano carenze di approvvigionamento. Il denaro della tesoreria zarista fu stanziato per combattere l’epidemia. Di conseguenza, i funzionari compravano cibo a prezzi gonfiati dai loro fornitori in cambio di tangenti, e ai cittadini davano il cibo peggiore. Naturalmente, tutti coloro che traevano profitto dall’epidemia, specialmente i funzionari e i medici, erano interessati alla continuazione di questa festa. Tutti i casi di qualsiasi malattia furono dichiarati peste”.
“L’ufficio di quarantena cerca di mostrare tutte le malattie ordinarie come peste”, ha scritto il contrammiraglio Salti, che era in servizio a quel tempo a Sebastopoli.
L’ammiraglio Greig ha testimoniato: “Durante 5 mesi, non si sentiva parlare di malattia e si moriva di morte naturale, e chi si ammalava nelle squadre o in casa, veniva dichiarato peste. Tutti coloro che si ammalarono furono portati nella caserma di Capo Pavlovsky, dove furono tenuti in condizioni tali che morirono rapidamente. La disinfezione al cloro è stata usata nelle parti più povere della città. Cioè, anche i cittadini sono stati avvelenati. I “disinfettori” erano pagati 2,5 rubli al giorno – 75 rubli al mese se lavoravano quotidianamente. I commissari di quarantena ricevevano 5 rubli ciascuno, l’ufficiale medico capo e l’ispettore di quarantena ricevevano 10 rubli al giorno. Lo stipendio di un medico militare ordinario a quel tempo era di 171 rubli all’anno. Per aumentare il tasso di malattia, i medici consigliavamo agli abitanti dei bagni di mare in acqua fredda. Alla fine, nel giugno 1830, gli abitanti dei quartieri più poveri della città non furono in grado di sopportare e ci fu la rivolta, e la guarnigione si schierò con i ribelli. Il governatore, i suoi funzionari e i medici sono stati massacrati dalla folla.
La rivolta fu rapidamente soppressa, ma per una sorprendente coincidenza l’”epidemia” a Sebastopoli ebbe una fine immediata.
Le conclusioni le lascio a chi prima di agire ha l’abitudine di informarsi, di riflettere e di valutare la direzione del proprio interesse.