Per corroborare la discesa in ogni aspetto della vita di questo “coraggio principesco metafisico”, esiste una ulteriore metafora che è il “carro di Ezechiele” .
Nella sua essenza tale carro (l’essenza dell’uomo nella sua dualità) è costituito da 2 ruote: fede ed ignoto.
Fede da intendersi nella sua accezione più ampia e non certo religiosa da religo (vrb lat. religo-igere: legare a se un qualcosa qualcuno); fede per cui come centro del cerchio ⭕️ che infinito ♾ è l’amore tanto quanto la logica sia diagonale del quadrato intelletto che è l’ignoto considerato che l’intelligenza non è propria dell’uomo.
Quindi: fede ed ignoto.
Quando le 2 ruote girano di pari passo il carro ovviamente avanza, viceversa si ferma come avviene proprio nella vita di tutti i giorni; in una frase:
”intelligenza amorevole ed amore intelligente”
perché la natura lascerà sempre un fiore 🌹 in mano a chi se ne prenderà cura con causa misurata e misura causale; ovviamente e per cui ci vuole coraggio, coraggio che sta nella ruota, nella fede, nel cuore che ad ascoltarlo evolve in coraggio appunto; ovviamente e per cui ci vuole consapevolezza nel “sapere di non sapere” socratico che sta nella ruota, nell’ignoto, nella mente, che a de schematizzarla mantenendola aperta evolve in consapevolezza appunto.
In tale contesto, quindi, pensieri ed emozioni formano il nostro Torus.
È un viaggio fantastico e meraviglioso che si srotola con il dispiegarsi dei desideri dell’anima (quell’afflato appunto) che “cozzano” con gli schemi dell’ego che ha anche lui i suoi desideri visto che qui siamo, in questa dimensione; da qui, per impegnativa modulazione, quindi si soffre fino a che non ci sia armonia e comunione di intenti, come in ogni dinamica umana d’altronde.
Quindi audaci; nessuna paura di pandemie, di guerre o tutto ciò che viene rappresentato per non farci letteralmente: “vivere”.
In alto i Cuori col Sole in fronte.